In estate gli “anciuè” ritornavano in valle perché con il caldo era difficile conservare il pesce e a casa c’era da svolgere i lavori negli alpeggi.
In estate gli “anciuè” ritornavano in valle perché con il caldo era difficile conservare il pesce e a casa c’era da svolgere i lavori negli alpeggi.
I crouzet (crouset) sono una pasta fatta a mano tipica dell’alta Valle Stura. Si fa risalire l’origine addirittura alla prima metà del XII secolo, quando il territorio era dominio della Regina di Napoli, Giovanna d’Angiò.
L'impasto è composto di farina, acqua e olio. Una volta lavorato va tagliato in pezzi; ciascun pezzo viene fatto strisciare sotto il pollice per ricavare delle piccole conchette di forma simile alle orecchiette per una maggiore tenuta del sugo. Si accompagnano con ragù di carne, panna e porri, crema ai formaggi o salsiccia e funghi.
Dal 2017 “CROUSET” è marchio collettivo per preservare la tecnica tradizionale di preparazione e garantire la qualità del prodotto al consumatore finale. Ogni anno, a giugno, Vinadio si celebra la “Sagra del crousét”.
La Valle Stura offre una variegata scelta di prodotti caseari genuinamente radicati alla tipicità e della tradizione. Dal settore agricolo, che continua ad essere uno dei più diffusi su tutta la valle, provengono prodotti che per la loro esclusività si configurano come "nicchie del gusto" particolarmente pregiate. Tra queste nicchie del gusto si collocano gustosi formaggi d’alpeggio, come la Toma della Valle Stura, formaggio a base di latte vaccino e prelibati formaggi di capra. Ottenuti con l'impiego di tecniche tradizionali di caseificazione, prodotti da piccole aziende disseminate su tutto il territorio.
La produzione di lumache, la varietà Helix Pomatia alpina in particolare, avviene in diverse zone di montagna dalle Alpi Marittime alla Valle Maira, ma si concentra soprattutto sulle valli che confluiscono su Borgo San Dalmazzo, la vera e propria capitale della chiocciola. Ogni anno, infatti, la settimana del 5 dicembre si festeggia la rinomata Fiera Fredda, istituita nel 1569 da Emanuele Filiberto. La lumaca, una volta arrostita, si gusta estraendola dal guscio con il chiodo utilizzato per ferrare i cavalli che trainavano i carri, detti cartun, e poi intinte in una salsa piccante a base di olio, sale, pepe e aglio detta salsa cartuné.
I ristoranti oggi seguono ancora l’antica tradizione di cucinarle solo nel periodo invernale, da metà novembre alla vigilia delle festività natalizie.
La patata piatlina deve il nome alla sua forma appiattita e tondeggiante. La buccia è gialla con qualche sfumatura rosa e sottile; la polpa è bianca e croccante. È ottima sia bollita sia fritta sia per la preparazione di gnocchi.
La ciarda deve il suo nome al colore rosso della buccia. Prima di essere consumata e degustata al meglio necessita di un periodo di maturazione di circa 3 mesi.
Entrambe sono varietà di patata locale tutelate e promosse da un consorzio di produttori della Valle.
L’aglio di Caraglio è noto per il suo profumo e aroma delicato e per la sua alta digeribilità. Si tratta di un prodotto che favorisce stagionalità e la salvaguardia della biodiversità del territorio. Si raccoglie a San Giovanni (24 giugno) e dopo circa quaranta giorni di essicazione è pronto per essere consumato.
Ottimo per preparare piatti tipici della cucina piemontese come la soma d’aj o la bagna cauda. Da provare anche la crema all’aglio, ideale per condire carni, bollito o pesce, l’aglio marinato e l’aglio nero ottenuto dalla fermentazione degli spicchi.
Nel 2008 è stato istituito il Consorzio di Promozione, Tutela e Valorizzazione dell’Aglio di Caraglio riprendendo a coltivare la tradizionale coltura dell’aglio grazie a una famiglia del posto che ha conservato la semente autentica.
Il tartufo nero pregiato della Valle Grana è il Tuber Melanosporum che cresce spontaneamente nei boschi della valle. I primi ritrovamenti risalgono agli anni ’30 ma solo recentemente è stato riconosciuto e considerato dagli abitanti della Valle. Lo si può trovare a partire dai 500 m fino a 1000 m s.l.m.
Il tartufo nero ha prezzi di mercato molto più accessibili rispetto al tartufo bianco, cresce in un periodo diverso che permette di essere consumato dall’inverno alla primavera e può essere coltivato.
In cucina sprigiona al meglio il suo sapore con una cottura non eccessivamente prolungata e con ingredienti un po’ grassi che permettono di trattenere i suoi aromi.
Oggi è presente anche l’associazione Tartuficoltori Valle Grana a tutela di questo pregiato tubero.
Varietà originaria del Roero, ha trovato condizioni pedo-climatiche ideali in Valle Grana. La madernassa è una “pera da cucina”, dona al palato le sue qualità cotta in forno o all’interno dei dolci, ma si può anche mangiare cruda.
Il frutto si presenta medio-piccolo, con la buccia ruvida, rugginosa, giallognola; la polpa è bianca, croccante, profumata e dolce.
Ricavato dagli stimmi dei fiori del Crocus sativus, lo zafferano della Valle Grana è un P.A.T. (Prodotto agro-tradizionale del Piemonte). Si raccoglie in autunno, al mattino presto quando i petali non sono ancora dischiusi.
Questo prodotto presente delle peculiarità organolettiche e gustative uniche: ottimo per la preparazione di risotti, da provare anche “Cremosö”, una crema a base di zafferano da abbinare a carne, pesce e verdure bollite.
Numerose sono le aziende che coltivano piante officinali in Valle Maira. Primo tra tutti il genepy. Le piantagioni sono situate a 1500 -1600 metri in piccoli appezzamenti. Il genepy può essere raccolto non prima di 2-3 anni dalla semina. La raccolta avviene nel periodo tra dine maggio e giugno, esclusivamente a mano.
Oltre al genepy, si coltivano anche l’achillea, il rabarbaro e la genziana.
Nei carretti degli anciuié oltre alle rinomate acciughe, si poteva trovare anche il merluzzo, che è riuscito a conquistare un posto di rilievo sulla tavola degli abitanti della valle, in passato poco inclini ai prodotti ittici.
Nella zona tra Dronero e Villar San Costanzo si possono vedere alcuni vitigni di nebbiolo. Queste coltivazioni sono piuttosto rustiche e resistenti e producono un vino di montagna molto particolare che soprattutto quando le annate sono favorevoli, presenta aromi inconfondibili.
La toma di celle è un formaggio fresco a latte vaccino crudo, trasformato appena munto; di colore bianco, senza crosta in quanto è tutto editabile, dall’interno morbido. Nella tradizione la superficie riportava la trama della tele di tessuto naturale servita per la formatura.
Come suggerisce il nome si produce esclusivamente a Celle Macra a alcune aree limitrofe, è un P.A.T.
La riserva “Il Gesso della Regina” ha origine dalle antiche concessioni di pesca dei Savoia in Valle Gesso. Nel torrente vive la “trota della Regina”, un endemismo piuttosto raro ma che ancora si piò trovare nel torrente: si tratta di una trota fario mediterranea.
Oltre a questa specie nel torrente si possono pescare anche le trote marmorate e temolo e scazzone.
La patata della valle Gesso è una patata di montagna, viene coltivata oltre i 700 metri di altitudine; presenta dimensioni inferiori rispetto alle altre patate, tanto da essere chiamati i “balin di puare”. È una patata di grande qualità, dal sapore dolce.
Recentemente è nato il consorzio per la Valorizzazione e la Tutela delle Patate di Montagna della Valle Gesso “I Balin del Re”, ne fanno parte al momento una quindicina di aziende agricole.
In ognuna delle valli si possono trovare deliziosi mieli con la dicitura “d’alta montagna”, ciò significa che è prodotto esclusivamente dal nettare bottinato d’estate al di sopra di 1200 metri.
Si possono trovare sia i classici mieli di acacia, castagno, tarassaco, sia caratteristiche delle zone di alta montagna, quali millefiori, rododendro, lupinella, melata d’abete.
È un prodotto delicato, sempre diverso, da zona a zona e da un anno all’altro e presidio Slow Food.